“Il tuo corpo / è la verità / la cronaca in diretta / del danno, / che siamo” Perché “Il corpo è esposto /… Il corpo si lascia segnare / dove l’anima già si ritrae”. ..è patria e dimora/ tra “il silenzio assordante /… e il mondo…/ tra tu universo e tu mondo / non c’è che il corpo”.
Chandra Livia Candiani
Occuparsi d’immagine significa occuparsi del corpo. Come entità fisica, con le sue forme e tipologie, ma anche come archetipo dell’evoluzione della bellezza femminile nei secoli.
Se fino al Cinquecento la bellezza era circoscritta ai tratti del viso, decantato dai poeti come unico e solo fautore del fascino femminile, dal sedicesimo secolo e via via fino ai giorni nostri è il trionfo del corpo: dai primi magazzini dedicati alla moda e alla cosmesi di inizio Novecento, ai concorsi di bellezza, al mito delle dive biondo platino del cinema hollywoodiano, agli ultimi anni dominati dal trionfo della chirurgia estetica, gli anni della rincorsa alla perfezione estrema.
E’ soprattutto il Novecento il secolo durante il quale il corpo femminile muta più velocemente le forme per sottostare ai diktat della moda e della pubblicità, ed uniformarsi ai gusti mutevoli più dell’universo maschile che dei propri. Nella società post-moderna il binomio bellezza femminile-pubblicità acquista un’importanza sempre maggiore, laddove il corpo viene utilizzato in maniera spropositata e inadeguata divenendo non più espressione della propria soggettività ma puro oggetto di ornamento. E l’avvento dei social network ha accentuato questa sovraesposizione “commerciale” del corpo, spesso ampiamente offerto al consumo immediato dei voyeur della rete.
L’evoluzione parte da lontano. Siamo ai primissimi anni del Novecento e la silhouette più di moda è quella opulenta della Gibson girl, espressione perennemente imbronciata, alta, con un seno molto appariscente e fianchi larghi; poi si passò alla Flapper girl degli anni Venti, sottile e magrissima, che velocemente lasciò il posto alla sirena sexy degli anni Trenta, morbida e sensuale. La metamorfosi è stata costante quanto evidente ed è destinata a continuare ancora, nonostante le lotte sociali per l’emancipazione da certa visione del corpo femminile che hanno segnato gli anni Settanta. Dal decennio successivo infatti torna prepotentemente il corpo iperfemminile e tornito con le super modelle degli anni Ottanta, per arrivare ai giorni nostri, l’era della maggiorata social, curve esplosive in primo piano e una tendenza di troppo alla chirurgia estetica e al botulino.
Partiamo dal lontano 1910, quando le illustrazioni di Charles Dana Gibson hanno ispirato la cosiddetta Gibson girl. Occorreva essere alte, magre e con un seno molto appariscente. I fianchi dovevano essere rigorosamente larghi, in modo che indossando il corsetto il fisico assumesse l’inimitabile forma a esse. Il busto è croce e delizia dell’epoca. Deve rendere la vita sottile come una vespa, per questo è listato con stecche di balena che servono a stringere il torace.
Dieci anni più tardi della Gibson Girl non è rimasto più nulla. Moda, costumi e ideali sono cambiati. E così ha preso il sopravvento la Flapper girl, sottile e con poche curve, i capelli cortissimi alla garçonne, stile mascolino. Gli stilisti cominciano a creare abiti che rispettano le forme naturali del corpo femminile senza deformarli. Madeleine Vionnet crea uno stile ispirandosi alle statue greche, Paul Poiret con i suoi abiti in stile orientaleggiante e folcloristico, abbandona definitivamente il rigido corsetto ottocentesco. Coco Chanel rivoluziona il concetto di femminilità del ‘900 e libera la donna dalla rigidità della Belle Epoque. Promuove il jersey, inventa Chanel N°5. Regina del genere povero ma chic, per il suo little black dress prende ispirazione dalle commesse, e reinventa i vestiti maschili donando loro un taglio femminile.
Con gli anni Trenta arriva la crisi economica, il morale a pezzi, le aspettative molto pessimistiche. Così, come antidoto alla paura, il corpo femminile torna ad essere morbido, mentre la moda lancia le spalle scoperte. L’aspetto è, nell’insieme, decisamente più voluttuoso e attraente. Esattamente come quello mostrato dall’attrice simbolo del periodo: Jean Harlow.
Dieci anni più tardi il corpo femminile è tornato a sgonfiarsi. All’alba della Seconda guerra mondiale sono tornati di moda i fisici asciutti e longilinei, non molto diversi da quelli in voga vent’anni prima. Così gli anni Quaranta hanno visto le donne più alte, slanciate, longilinee, sexy senza dover esporre le curve. Così come ha ampiamente dimostrato l’attrice simbolo Katherine Hepburn.
Ma sono bastati solo dieci anni per farle tornare in auge. Che mai, come negli anni Cinquanta, le donne hanno amato e inseguito. L’obiettivo era allietare gli uomini al ritorno dal fronte, e così il fisico è tornato morbido e sinuoso. Rita Hayworth ne è l’emblema.
Negli anni Sessanta è cambiato di nuovo tutto: il must è diventato avere un fisico asciutto, il più minuto possibile. Sono gli anni della minigonna e delle proteste. Inventata nel 1964 dalla stilista Mary Quant, rivoluziona l’ abbigliamento. Nascono i collant e muoiono i reggicalze, seguiranno gli hot pants. Nel 1968, in occasione dell’elezione di Miss America, alcune femministe buttano il reggiseno nell’immondizia e gli danno fuoco. La liberazione del corpo è completa. Sono anni nei quali le donne cercano di emulare le prime modelle della storia: Twiggy e Jean Shrimpton su tutte. Per riuscirci si sottopongono a diete rigorose, perché la tendenza del momento vuole fianchi stretti, seno piccolo, gambe lunghe e molto sottili.
Dalla fine degli anni Settanta nuovo cambiamento; nascono le nuove pin-up, non più morbide e burrose come quelle degli anni Cinquanta, ma scolpite e statuarie. In quegli anni i corpi diventano alti, magri, tonici e iper atletici. Gli anni Ottanta sono stati, invece, quelli delle super modelle: Elle McPherson, Linda Evangelista, Cindy Crawford. Con i loro corpi statuari hanno spinto le donne a frequentare le palestre e a prendersi cura del loro corpo anche con l’attività fisica. Spopolano i corsi di aerobica, di cui Jane Fonda diviene la paladina
Arriviamo agli anni Novanta. Via il positivismo e l’aria “bonne mine”, le nuove modelle hanno tratti irregolari e aria emaciata, un’inversione di tendenza che vede Kate Moss come testimonial perfetta del nuovo stile “grunge”. Con il problema dell’anoressia il cerchio si chiude: è nuovamente il corpo plasmato che si deve adattare alla moda.
Così, fra mille trasformazioni, siamo arrivati ai giorni nostri. L’epoca dei selfie, dell’egocentrismo social e dell’apparenza è anche quella delle nuove maggiorate, che troppo spesso indulgono nella chirurgia estetica e nel botulino, anche se lo spettro dell’anoressia è ancora troppo presente. L’epoca delle grandi contraddizioni è iniziata.
(in copertina: pubblicità “Dove” 2012)